La definizione di un artista, per molte fonti, definisce il termine come "una persona che esprime la sua personalita' attraverso un mezzo che puo' essere un'arte figurativa o performativa. La parola viene usata anche come sinonimo di creativo".

In Italia, ci sono pochissimi artisti che reincarnano perfettamente la definizione di artista a tutto tondo ed uno di questi, e' certamente Andrea Chimenti. Scrittore, poeta e soprattutto, per il nostro sito, cantautore e compositore di altissima levatura, Chimenti e' la quintessenza di una persona che sente, assorbe e interpreta arte 24 ore al giorno e 365 giorni all'anno, anche quando le sue uscite discografiche sono talvolta molto saltuarie, anche se giustificamente.

Andrea Chimenti, con quasi 40 anni di attivita' musicale alle spalle, sale all'attenzione della ribalta musicale negli anni '80, attraverso uno dei gruppi piu' ispirati di Rock in Italia, chiamato Moda. Una volta chiuso il cerchio con i Moda, l'artista italiano focalizza negli anni a seguire la sua attenzione in vari campi dell'arte, come sopra citato, raccogliendo negli anni numerosi plausi dalla stampa musicale italiana e internazionale, attraverso una serie di collaborazioni discografiche con artisti di fama mondiale come David Sylvian dei Japan o il compianto chitarrista e produttore Mick Ronson, tra gli altri e con una serie di album solistici di grandissimo impatto emotivo e creativo, di cui ricordiamo in particolare La Maschera Del Corvo Nero, L'Albero Pazzo, Yuri e Il Deserto La Notte Il Mare, quest'ultimo, recentemente recensito su Bluebird Reviews.

Ed e' proprio in occasione dell'uscita di Il Deserto La Notte Il Mare che il nostro sito ha l'opportunita' di conversare insieme a Chimenti a proposito del suo ultimo disco e fare anche un piccolo excursus sul suo percorso musicale e compositivo.

 

BR - Il Deserto La Notte Il Mare e' un disco delizioso e di eccelsa raffinatezza che conferma ulteriormente l'attenzione e la cura che applichi ai dettagli sonori e lirici all'interno di tutti i tuoi dischi, incluso il tuo nuovo. Quanto sei fiero di un lavoro discografico di grande spessore artistico come questo e quanto il tuo nuovo disco fotografa fedelmente Andrea Chimenti uomo e artista nel 2021?

AC - Credo che i miei dischi, in ogni caso, fotografino sempre e fedelmente cio' che sono in quel determinato momento. Se non altro, per il tempo che intercorre tra un disco e l'altro, poiche' passano sempre degli anni in mezzo. Infatti, mi sembra che dal mio ultimo disco in studio, Yuri, sono passati 6 anni circa e percio' ho avuto ben modo di pensare e ponderare quello che stavo facendo. Quindi, sai, ogni volta e' cosi; un disco nasce da una esigenza profonda, da una necessita' e, non essendo io all'interno di un grande business musicale, non ho necessita' di mercato che altri potrebbero avere. Non ho ne' necessita' ne' incombenze contrattuali nel dover fare un certo numero di dischi entro un certo lasso di tempo e quindi sono totalmente libero e indipendente, da quel punto di vista. In ultima analisi e come risposta alla tua domanda, si, il disco mi rappresenta fedelmente e fondamentalmente son molto contento di come il disco sia venuto fuori. Forse alcune cose al suo interno avrei voluto realizzarle meglio ma per via del fatto che c'erano delle tempistiche un po' stringenti, nella lavorazione dell'album con Cristiano Roversi (co-produttore del disco), arrivi al punto che capisci quando arriva il momento di dire "stop" e lasciare il tutto cosi come e'.

BR - Spesso, in alcune interviste, ti rammarichi di non essere un bravo artigiano della musica, per la tempistica di cui accennavi che scorre tra ciascuno dei tuoi dischi. Non credi di essere un po' severo verso te stesso, specialmente in virtu' del fatto dei risultati sonori e compositivi eccezionali che emergono sempre dai tuoi dischi?

AC - In realta', sai, non essere un buon artigiano della musica, da una parte comporta un handicap, perche' significa non avere una grande produzione mentre da un'altro lato e credo sia un pregio, nel senso che non essendo capace di mettermi a tavolino e dire a me stesso "oggi scrivo una canzone", devo attendere che questa canzone nasca dentro di me, che ci sia una esigenza interiore di esprimere della musica e delle parole. L'aspetto positivo, in ultima analisi, e' che quando scrivo delle cose, sono autentiche e non c'e' dietro nessuna costruzione artigianale ma e' bensi il frutto di una ispirazione. Oggi come oggi, parlare di ispirazione suona quasi come un termine Ottocentesco, mentre invece io tengo molto, a questo aspetto. Secondo me un musicista o chiunque altro che lavora in un contesto artistico, dovrebbe sempre basarsi sull'ispirazione, nel concepimento della propria arte. Indubbiamente, ci sono momenti di grande deserto creativo, che poi diventano a loro insaputa e a loro volta anche fertili, in realta', perche' in quei momenti che riteniamo deserti, si accumulano poi delle cose che fruttano in un certo momento ma non prima ne' dopo; c'e' un momento in cui qualcosa accade e quel momento va preso ed utilizzato.

BR - Attraverso I testi dei tuoi brani si avverte un comune denominatore che sintetizza il messaggio intrinseco nel titolo del disco e cioe' quello del viaggio, che sia esso un viaggio fisico o mentale. Avevi pianificato di creare un concept album sin dall'inizio o hai scoperto di avere un tema ricorrente nelle nuove canzoni nel mentre le componevi?

AC - Solitamente, quando nasce il periodo della composizione di un disco, frutto dell'ispirazione di un qualcosa che ci accade o che ci circonda, ti accorgi inconsciamente di scrivere verso una determinata direzione. Per cui, all'inizio, anche se non ti sei dato il tema portante del disco, ti accorgi che stai seguendo un filo logico legato al momento della vita che stai vivendo e di conseguenza, il concept, viene fuori in maniera totalmente naturale ed organico.

BR - Il nostro sito si chiedeva se, nella stesura degli arrangiamenti del disco insieme al bravissimo Cristiano Roversi, hai avuto delle grosse scelte musicali da dover effettuare per meglio risaltare sia l'intensita' delle storie che cantavi, attraverso le liriche del disco che valorizzare al meglio la bellezza e l'imponenza della tua bellissima voce.

AC - Guarda, avevo fatto dei provini abbastanza accurati, in totale solitudine e questi provini avevano gia' dettato una direzione. La musica, per me deve, in qualche modo, seguire un filo naturale e non e' importante se nasca prima il testo poi la musica o viceversa. Sicuramente, per me e' piu' importante che entrambi gli aspetti vengano ad influenzarsi. Se nasce prima la musica, il testo si adagiera' come conseguenza logica sull'atmosfera creata, mentre la musica, dall'altro lato, andra' a ricalcare a sua volta e a modificarsi, sul testo scritto, se esso nasce prima. E' un po' come un rincorrersi tra i due aspetti che poi, alla fine, ti porta alla meta, vale a dire il brano. Quindi, si', siamo stati attentissimi sia negli arrangiamenti che nella produzione con Cristiano Roversi, per far si' che comunque, nel disco, si rispettasse sia la direzione dei provini che avavo effettuato e in piu' i testi, che potessero essere valorizzati, facendo molta attenzione anche alla mia voce. Essendo la mia voce abbastanza bassa, che non si muove su registri alti, bisogna stare attenti a chi ha voci basse come la mia, perche' sono piu' difficili da trattare, in quanto hanno tutta una serie di armoniche che con molta facilita' vengono "mangiate" dagli altri strumenti. Percio', bisogna creargli un po' uno spazio, una accoglienza, ad una voce bassa come la mia. Su questo, devo dire, Cristiano Roversi, anche nei missaggi che ha fatto lui, ha trattato la mia voce davvero molto bene.

BR - Il disco, nella sua concezione originale, avrebbe dovuto avere come titolo KY, che e' anche il titolo di un brano di forte impatto all'interno del disco. Credi davvero, come emerge dalle tue liriche, che l'uomo stia andando verso una regressione irreversibile, dal punto di vista umano e considerando lo stato attuale del nostro pianeta che stiamo tutti vivendo?

AC - Si, assolutamente. Certo, c'e' una evoluzione tecnologica e scientifica, nell'uomo ma a scapito di tutto un mondo spirituale, che apparteneva fortemente all'uomo e che, secondo me, era quello che ci stagliava sul mondo animale, per certi aspetti. Si ha l'impressione che l'umanita' stia regredendo sotto molti punti di vista, sia per quello culturale che per quello spirituale. Quando parlo del punto di vista spirituale, attenzione, non mi riferisco a nessun discorso di carattere religioso ma bensi' a un qualcosa che va un pochettino aldila'. Avverto un profondo materialismo, oggi, un grande consumismo, siamo un po' tutti legati alle nostre sicurezze finanziarie, ai beni materiali. E' una umanita' un po' schiava, una umanita' che ha abdicato a favore di un qualcosa di piu' elevato, non certamente in positivo. Su quel brano a cui ti riferivi, sono andato un po' sull'estremismo, all'interno della canzone e quando accenno a quella regressione di cui ti dicevo prima. Per certi aspetti, quel senso di regressione e' un qualcosa che avverto fortemente ogni giorno e la societa' in cui viviamo, ahime', sembra mi dia ragione, almeno da quel punto di vista.

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BR - Il tuo personale approccio vocale dei brani, all'interno de Il Deserto La Notte Il Mare, ci ricorda un po' lo stile canoro un po' da "Raconteur" che adottasti in La Maschera Del Corvo Nero. E' solo una nostra impressione?

AC - No, e' cosi', hai ragione. In realta', ho ripreso anche un po' un modo quasi da salmodiare che avevo gia' sperimentato e provato ne La Maschera Del Corvo Nero. Poi, ci sono anche delle tematiche, riprese da quel disco. Il disco La Maschera Del Corvo Nero usci' nel 1992 e in quegli anni, l'Italia vedeva per la prima volta l'avvento dell'immigrazione in maniera piu' accentuata. C'erano i primi immigrati che arrivarono nel nostro paese, un qualcosa che forse tanti di noi non ricordano o forse se ne sono addirittura scordati. Nel corso degli anni '80, non sentivamo affatto il fenomeno dell'immigrazione in Italia, a differenza di altri paesi come la Francia, dove mi ci trovavo spesso per suonare e dove la cosa andava avanti gia' da tempo ed era trattata in maniera normalissima. Da noi, a quei tempi, era una cosa molto rara e dopo la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, il fenomeno dell'immigrazione divento' piu' corposo, portando con se' tutta una serie di problematiche legate ad essa. Mi sono messo spesso nei panni di queste persone che lasciavano una terra, la loro, anche se poi alla fine quando si lascia una terra, non la si lascia mai fino in fondo. C'e' sempre una necessita' alle spalle, che spinge a lasciare una terra e questa e' una cosa che mi aveva sempre colpito. Nel tempo, ho incontrato anche dei musicisti, coi quali avevo lavorato un paio d'anni, del Senegal e della Costa D'avorio, componenti degli Africa X e ho avuto modo con loro di confrontarmi al riguardo dei temi dell'immigrazione, un soggetto che poi e' entrato prepontemente nei testi delle mie canzoni che facevan parte de La Maschera Del Corvo Nero. A distanza di 30 anni, cio' si e' ripetuto all'interno dei testi di Il Deserto La Notte Il Mare, proprio perche' abbiamo, negli ultimi anni, assistito a questa nuova ondata molto piu' imponente di questa infinita serie di barconi che arrivano dall'Africa, con le consequenziali tragedie umane che un po' tutti noi conosciamo. Questa e' stata la molla che mi ha portato a scrivere di questo argomento all'interno del mio nuovo disco, memore anche del fatto che mi ha ricordato cio' che noi italiani avevamo fatto, molti decenni fa, quando i nostri antenati si spostarono in altre terre Europee o anche oltreoceano, per cercare fortuna e una vita migliore per loro e le loro famiglie. Oggi, noi Italiani, guardiamo a questi immigrati che arrivano nel nostro paese con la puzza sotto il naso, con distacco, fastidio, dimenticandoci, come conseguenza, chi siamo stati noi anni fa, di cio' che i nostri antenati avevano bisogno, quando immigrarono loro, nei decenni scorsi. Sono situazioni forti, sicuramente per me e non potevo rimanere indifferente a tutto questo scenario, cosa che appare nitidamente nei testi delle mie canzoni all'interno di Il Deserto La Notte Il Mare.

BR - Nel tuo nuovo disco hai messo insieme musicisti e compagni di viaggio vecchi e relativamente nuovi. Il disco stesso, attraverso i suoi suoni, e' un po' una rotazione artistica su te stesso a 360 gradi, dato che l'album alterna parti musicali di stampo classico e jazzistico, generi che ascoltavi molto da piccolo a casa dei tuoi, con altre di tipo piu' di Rock di stampo Progressive, un genere che hai suonato per diversi anni specie coi Moda. Eri conscio, durante la lavorazione del disco, che stavi viaggiando consciamente o inconsciamente, in una autobiografica macchina sonora del tempo?

AC - Mah, sai, sono di quelle cose di cui ti accorgi dopo, a lavoro compiuto (sorride). Io sono abbastanza impulsivo, nel momento della scrittura, lavoro molto "di pancia", come si dice da noi in Italia. Poi subentra una seconda fase, quella della scrittura "di testa", dove comincio a guardare quello che ho fatto durante la prima fase, dove vado a limare cio' che ho composto, dove vado a scartare e talvolta riprendere spunti affiorati in quella prima fase di cui ti parlavo. Nella prima fase, quella piu' viscerale, metti giu' idee di getto e non ti poni problemi, non hai limite alcuno, poiche' e' tutto dettato dalla emotivita'. E' solo nella fase successiva e nella fase di completamento di essa che ti accorgi che scaturiscono una serie di elementi strutturali lirici e sonici all'interno dei brani che chiudono un cerchio musicale creato sicuramente in maniera inconscia, nel senso che non te ne rendi conto, a primo acchitto e che riprendono temi e sonorita' che han fatto parte di una certa fase della mia carriera. E adesso non vedo l'ora di aprirne uno nuovo, di cerchio, nel mio prossimo disco.

BR - Oltremare e' un brano che, forse piu' di ogni altro all'interno del disco, a nostro parere epitomizza l'idea del viaggio, concetto focale dell'album, in maniera perfetta. C'e' tutto quello che c'e' legato a un viaggio; la trepidazione, la paura di non trovare cio' che uno si aspetta, una destinazione da poter chiamare Casa. Quanto duole, a livello emozionale, per un'artista della tua sensibilita', avere quella urgenza di porre l'accento su tematiche drammatiche come quella dell'immigrazione ancora oggi?

AC - Ci son delle cose che nella vita, come individuo, ti colpiscono piu' di altre, dipende dal come siam fatti interiormente. Forse, ho sempre avvertito il bisogno di una necessita' estrema, di una sicurezza, di una casa, di un luogo da sentire mio. Un luogo dove, quando ci entro, mi sento bene accolto. Per me questi sono elementi essenziali. Avendo detto cio', sono sempre stato uno che si e' spostato molto, nella vita, anche se solo all'interno dell'ambito nazionale. Ho abitato in tante citta', come Reggio Emilia, Arezzo, Urbino, Firenze, fino ad arrivare a Verona, dove ora vivo. Credo di non essermi mai sentito, negli anni, completamente a Casa, nel senso pieno della parola. E' una cosa che ho sentito sin da bambino e credo che in tutti questi posti dell'Italia che ti ho citato, ho sempre provato a creare un luogo che mi appartenesse, un luogo che mi facesse sentire sicuro. Una cosa che poi si ripercuote all'interno del mio essere, quando per esempio incontro qualcuno che ha compiuto grandi migrazioni, molto piu' grandi delle mie, con bagagli di grande sofferenza fisica ed emozionale alle spalle. E la loro storia, il loro peregrinare alla ricerca di quel luogo che possan chiamare Casa, e' un qualcosa che non mi lascia mai indifferente. Anzi, mi colpisce profondamente e provoca in me una enorme empatia nei confronti di queste persone, empatia che poi finisce inevitabilmente nell'influenzare i testi delle canzoni presenti all'interno del disco, proprio come Oltremare.

BR - C'e' una traccia quasi del tutto strumentale che chiude il tuo meraviglioso disco che infonde speranza, chiamata Niente E' Impossibile. C'era una ragione particolare nello scegliere quella traccia specifica per chiudere l'album, Andrea?

AC - Cerco sempre di chiudere i miei dischi attraverso una nota positiva. Sai, sotto sotto, mi ritengo una persona profondamente malinconica, e' la mia natura. Malinconica, attenzione ma non triste. Il concetto di speranza e di una visione ottimistica delle cose riguardo al futuro e quello che potra' accadere nel tempo, fa parte della mia personalita'. Colgo la difficolta' di un momento, magari, attraverso le mie liriche ma sempre con la speranza che poi, alla fine, si possa trovare una soluzione. Niente E' Impossibile l'ho scritta per i motivi che ti ho elencato. Dopo tutti i percorsi intrapresi all'interno del disco, dove ho parlato di tematiche spesso dure e difficili, mi piaceva l'idea di chiudere il disco con questra finestra sonora che si apre su una possibilita'. Una possibilita' per me, per chi ascolta, per l'umanita', insomma. Credo che alla fine, nonostante tante sfaccettaure ed imperfezioni, mi piace ancora pensare che gli esseri umani sono esseri intelligenti e che, forse, un domani, saremo in grado tutti insieme di creare la felicita'. Da qui, Niente E' Impossibile.

BR - Andrea, insieme alla tua attivita' solistica, negli anni hai preso parte a diversi progetti musicali di grande spessore, tra cui il Tour del 2016 di Nulla E' Andato Persoun concept album scritto da Gianni Maroccolo e dal compianto Claudio Rocchi con alcuni dei tuoi compagni ed amici artisti piu fidati, come Maroccolo stesso ed Antonio Aiazzi. Quale e' il primo ricordo che ti viene in mente di quella esperienza creativa, a nostro modo di vedere, di grande intensita' artistica?

AC - Nulla E' Andato Perso era un bel progetto di Gianni Maroccolo, a cui mi chiese di partecipare e io l'ho fatto molto volentieri, anche perche' era un ritrovarsi tra amici e musicisti, come Gianni ed Antonio Aiazzi, appunto, con i quali ho un trascorso musicale importante, dal tempo dei Moda degli anni '80 fino agli anni '90. Per me e' stata una esperienza importante, bella, una esperienza dove sapevo di giocare sul sicuro e cantare brani che conoscevo. Sapevo cio' che Gianni Maroccolo mi stava chiedendo, anche se non ero totalmente certo di poter cantare tutta quella mole di canzoni, perche' Gianni mi aveva fatto una lista di canzoni infinita, per lo spettacolo dal vivo, una quarantina di brani circa. Ricordo che cominciai a studiarmeli, poiche' sai, raramente canto canzoni di altri artisti e non sono uno dalla "cover" facile. L'ho fatto solo poi, negli anni, per un mio progetto live dedicato a David Bowie ma quella fu una eccezione. Durante la fase di studio delle canzoni che Gianni mi aveva presentato, mi son chiesto tante volte se fossi stato in grado di cantare tutti quei brani di grandi artisti, come i CSI, Litfiba, alcuni dei miei brani, brani del compianto Claudio Rocchi fatti insieme a Gianni Maroccolo, altri di Faust-o' e via dicendo. E' stata una bella esperienza davvero, che mi ha divertito e mi ha arricchito profondamente, perche' e' chiaro che poi, quando entri dentro brani di altri artisti, in qualche modo ne scopri anche i segreti. Un po' come aprire un forziere, scassinare il lucchetto per poi rivelarne il contenuto.

BR - Il nostro sito ama pensare che cio' che siamo come esseri umani non e' solo il frutto di decisioni che abbiamo preso nella vita a ogni livello o di posti del mondo che abbiamo visitato ma e' piuttosto il prodotto dell'impatto emotivo che molte persone che abbiamo incontrato negli anni hanno inconsciamente generato all'interno di noi, durante il nostro percorso di vita. Quale e' stato per te, nella tua gloriosa carriera, un momento particolare o una persona in particolare che hai conosciuto che ritieni abbia dato una svolta significativa nella tua vita personale e artistica?

AC - Sai, ogni volta che ho incontrato nuove persone, e' stato per me un arricchimento emotivo. Vero, ci sono stati alcuni incontri un po' piu' speciali ed eclatanti, specie persone che in alcuni momenti della mia vita personale e della mia carriera artistica, si sono resi presenti e mi hanno permesso di mantenermi in pista, per tanti aspetti. Ci son tanti nomi di amici che dovrei fare, persone che mi son state accanto nelle scelte musicali che ho compiuto negli anni, in scelte artistiche che non erano propriamente semplici. Ho avuto momenti nella vita in cui ho tentato di smettere di fare questo lavoro, perche' a volte, ti confesso, erano piu' le difficolta' e le sofferenze che mi procurava che non le gioie e quindi queste persone, a me speciali, non hanno permesso che cio' accadesse. Queste persone, che mi hanno sempre sostenuto, sono state e sono ancora oggi degli angeli custodi e a loro debbo moltissimo. Ci sono stati anche tanti incontri con musicisti che mi hanno insegnato tanto, poiche', da ogni musicista che ho incontrato e incontro ancora oggi, apprendo sempre cose nuove. Spero di aver ricambiato, da parte mia, questa cosa anche nei loro confronti e cioe' che qualcuno di loro abbia appreso delle cose da me, perche' da questi musicisti ho imparato tanto sia dal punto di vista musicale che quello umano. A questo proposito, parlando di musicisti, ricordo l'umilta' di Mick Ronson, un ciclope, un autentico gigante della musica internazionale, del quale scoprii, oltre che al suo talento e alla sua tecnica, anche la grande persona che si portava dentro, un artista la cui umilta' ti porta a interrogarti personalmente e ti aiuta a crescere moltissimo.

BR - Andrea, per chiudere la nostra piacevolissima conversazione, mi viene in mente che quel Corvo Nero del 1992 si e' tramutato in una dolce, anche se talvolta leggermente malinconica Allodola Nera quasi 10 anni dopo, nel tuo ultimo disco. Nei cieli della vita e negli anni a venire, dove prevedi Andrea Chimenti spieghera' di nuovo le sue maestose ali artistiche e attraverso quale forma alata?

AC - Mamma mia, che domanda! Sai, spero innanzitutto che quelle ali di cui parlavi, continuino a sorreggermi (ride) nel tempo. Non si sa mai che forma alata si possa creare, col passare degli anni. Guarda, ogni volta che faccio un disco, parto sempre dall'idea che possa essere l'ultimo, per me. Questo perche' non puoi prevedere, specie di questi tempi, quello che ti possa succedere nella vita, se mi capitera' di captare, di prendere spunti che portino poi ad una ispirazione. Non do' mai per scontata l'ispirazione, e' un qualcosa che vivo sempre come un dono incredibile che stupisce me per primo. Quello che posso dirti per certo e', che se faro' un altro disco, sara' sicuramente diverso da Il Deserto La Notte Il Mare, perche' credo di aver sempre fatto cose diverse l'una dall'altra, nella mia carriera. E' un po' una mia caratteristica; ho lavorato, nel tempo, con la poesia, fatto dischi di stampo sia acustico che elettrico, credo di aver sondato sicuramente diverse strade artistiche, in tutti questi anni. Queste son tutte cose che mi hanno formato e trasformato, per cui, davvero, non ho idea ne' quale possa essere il mio prossimo percorso musicale ne' in quale formato possa presentarsi. Il tempo lo dira', speriamo solo che non passino tantissimi anni da qui ad un nuovo progetto.